PROGETTO PASTORALE DELLA COMUNITA’ PASTORALE
“SAN FRANCESCO D’ASSISI”
PER GLI ANNI 2021-2025
“CORAGGIO, ALZATI, TI CHIAMA” (Marco 10,49)
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(…) che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?
Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato (…)
(Salmo 8)
1. L’uomo e la donna al centro del progetto pastorale
Vi è tra Dio e l’uomo una relazione che attraversa tutte le Scritture, e che nel libro della Genesi trova uno dei punti più alti laddove si evidenzia come, seppur originato da materia e soffio divino, fuori dall’alleanza con Dio l’uomo si scopre mortale. E’ l’uomo quindi al centro del disegno di Dio, al punto che egli stesso prende forma umana dimostrando totalmente la predilezione per questa sua creatura. E nella sua storia terrena Gesù Cristo dimostra una totale passione per l’uomo in ogni momento della sua vita, nella sfera affettiva, nel dolore, nella festa, sul lavoro, nella vita pubblica. Nella logica dei Vangeli vi è un Dio che non può essere posseduto dall’uomo, che deve essere continuamente cercato nella vita quotidiana. Ed è in questa ricerca costante di Dio, giorno per giorno, che si realizza la vita buona che a Lui si ispira. E’ questa una visione dell’uomo che a partire dal Concilio Vaticano II ha sempre più preso piede e che chiede di guardare all’uomo come persona, cioè unità di anima e corpo, contro ogni tentativo di dividere, in esso, ciò che appartiene alla natura e ciò che appartiene a Dio.
2. L’insegnamento della Chiesa
In questi anni il magistero della Chiesa ha compiuto un lungo percorso; in questo contesto ci interessa in particolare evidenziare:
- Il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo (1962 – 1965);
- La Lettera Enciclica “Deus Caritas Est” del 25/12/2005 di Papa Benedetto XVI;
- L’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Evangelii Gaudium” del 24/11/2013 sull’annuncio del Vangelo nel mondo attuale;
- L’Esortazione Apostolica di Papa Francesco “Amoris Laetitia” dell’8/4/2016 sull’amore nella famiglia;
- La Lettera Enciclica “Fratelli Tutti” del 3/10/2020 sulla fraternità e l’amicizia sociale;
- Convegno Cei di Firenze, 2015
3. Il tessuto della nostra Comunità Pastorale
La nostra Comunità pastorale nasce nel 2010 dall’unione dell’esperienza di tre Parrocchie, Sacra Famiglia, Sant’Ambrogio e Cristo Re, che, pur nella vicinanza territoriale, essendo confinanti una con l’altra, presentano realtà molto diverse, per gli insediamenti storici, per l’età media degli abitanti, per le appartenenze culturali e religiose.
La parrocchia Sacra Famiglia
La storia della Parrocchia Sacra Famiglia è indissolubilmente legata alla realtà del quartiere "Cederna".
Il "villaggio Cederna" nacque nei primi anni del '900 grazie all'insediamento di una fabbrica di tessitura da parte dell'imprenditore Antonio Cederna. Fino a quel momento, il quartiere era costituito da sparuti nuclei abitativi, che comprendevano cascine e ville padronali. La vita quotidiana delle comunità rurali era autonoma ed autoreferenziale, e persino il riferimento religioso – legato formalmente alla parrocchia di S. Gerardo – era distante e difficilmente raggiungibile.
Per questo, il 7 dicembre 1928, il card. Schuster destinò a Cederna don Angelo Cazzaniga nel ruolo di coadiutore di S. Gerardo, con lo specifico compito di "Cappellano della Chiesetta di S. Francesco". La piccola chiesa di S. Francesco accolse lo zelo apostolico di don Angelo per una difficile missione. Ma egli, donandosi senza misura, si prodigò instancabilmente affinché la ricerca di un cammino di fede autentico divenisse per tutti un bisogno prioritario. Ma l'incremento demografico cedernese impose la costruzione di un edificio più capiente.
Così nel 1940, dopo un lungo e faticoso iter per la raccolta dei fondi da parte di don Angelo e grazie alla sensibilità e generosità dei Cedernesi, venne portata a termine la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, in un solo anno, nonostante fosse nel frattempo iniziata la guerra anche per l’Italia.
Il 1° gennaio 1941 nacque la parrocchia Sacra Famiglia e don Angelo fu nominato primo Parroco.
La parrocchia Cristo Re
Nel quartiere, prima del 1950, esisteva un rione dove abitavano circa 400 persone. In seguito, con la costruzione delle case popolari, la zona cominciò a svilupparsi e nacque la scuola dell’infanzia.
Sorse allora la necessità di avere una chiesa per questo nuovo quartiere, chiamato “Villaggio Primavera”. In un primo tempo erano i sacerdoti di S. Gerardo che celebravano la Messa domenicale in alcuni cortili.
Intanto, dopo lunghe pratiche burocratiche, si ottenne la disponibilità di un terreno sul quale l’11 dicembre 1966 iniziarono i lavori per la chiesa, che fu benedetta il 14 marzo 1970. La Parrocchia iniziò giuridicamente a esistere il 1° giugno 1970.
Nel febbraio 1975 iniziò la costruzione della Casa della Gioventù (attuale Oratorio Alberto Marvelli) che venne aperta il 1° ottobre 1978.
La parrocchia Sant’Ambrogio
Nasce ufficialmente il 13 luglio 1986 ma davvero si può dire che nasce dalla gente, da una esigenza forte di una “chiesa” più vicina di quelle di San Gerardo e Sacra Famiglia con una richiesta accompagnata da tantissime firme ai Parroci.
Già dal 1974 molti fedeli della zona si riunivano in un capannone in Via Giordani diventando giorno dopo giorno comunità di pietre vive con la guida e la condivisione dei parroci di S. Gerardo e Sacra Famiglia. Parallelamente alla comunità – nella stessa struttura - era attiva una scuola materna che con intuizione rara per quei tempi offriva un esempio notevole di sinergia tra pubblico e privato con la presenza di due suore “dipendenti” comunali in qualità di insegnanti.
Notevole fu l’entusiasmo dei fedeli quando vennero definiti i confini della parrocchia e nominato primo parroco don Antonio Caldirola; i fedeli si diedero da fare fino a raccogliere la cifra necessaria per il suo appartamento.
La chiesa fu ultimata nel 1992 e consacrata dal card. Martini il 9 dicembre 1995.
E’ presente un mix di popolazione con età e provenienza diversa ma un profondo senso di appartenenza alla comunità. Lo sviluppo territoriale sta portando a un ulteriore sviluppo abitativo, con l’arrivo di altre famiglie, altre storie personali, altre possibilità di reciproco arricchimento religioso e umano.
4. La nostra Comunità Pastorale: situazione attuale
In questi anni la Comunità Pastorale attraverso le attività condotte in modo unitario e le attività svolte nelle tre parrocchie ha sviluppato e radicato la sua presenza nel tessuto monzese.
Questa presenza è confermata dalle azioni che coinvolgono ogni livello della Comunità: famiglie, bambini, adolescenti, giovani, coppie in procinto di sposarsi, adulti e persone anziane.
Nel tessuto sociale rileviamo situazioni che sono sempre più tipiche della società italiana: famiglie in difficoltà affettiva, nuove povertà legate alla crisi del mondo del lavoro ma anche alle separazioni tra coniugi, il giorno della domenica impegnato in attività lavorative o in occasione di shopping, bambini che crescono in famiglie allargate, ragazzi che vivono le ore di libertà dalla scuola senza un progetto e senza occasioni di crescita, fedeli di altre religioni che chiedono sempre più spazi di visibilità e luoghi di incontro, l’istanza di quanti cercano costantemente Dio e faticano a trovarlo.
La nostra Comunità è chiamata a confrontarsi con queste situazioni, che a volte sono talmente nuove da coglierci di sorpresa con la conseguente fatica a cercare modi e strumenti di risposta.
Siamo in un momento storico in cui la società si modifica con molta rapidità e i cristiani sono chiamati a offrire continuamente l’immagine di una Chiesa capace di accogliere, ascoltare e restituire i punti fermi di Speranza che nessun ambito umano è in grado di garantire.
Il rischio che dobbiamo evitare è quello di rinchiuderci nella nostra Fede escludendo chi non vi aderisce, magari ritenendoci migliori.
In dettaglio conviene passare in rassegna quanto attualmente attivo a inizio 2021, in pieno periodo pandemico. Vale per tutto la premessa generale che ci si è sempre attenuti alle disposizioni di Legge e alle indicazioni puntualmente via via fornite dalla Avvocatura della Curia della Diocesi di Milano.
Le S. Messe sono sempre state celebrate secondo il tradizionale orario. Dopo il periodo di chiusura totale (“lockdown”) della primavera 2020, la frequentazione delle S. Messe è andata via via aumentando. Dall’inizio della pandemia è iniziata la trasmissione in streaming sul canale Youtube della Comunità Pastorale della S. Messa festiva delle 10:30 dalla Chiesa S. Famiglia; dall’autunno 2020 anche la S. Messa festiva delle ore 11 dalla chiesa di S. Ambrogio è trasmessa in streaming.
Dall’inizio della pandemia è diventato difficile visitare a casa le persone ammalate.
Le attività di preparazione ai Sacramenti dell’iniziazione cristiana sono continuate, quando possibile in presenza, altrimenti attraverso incontri online. Nelle chiese della Comunità Pastorale si sono celebrati nel 2020 e 2021 il Sacramento della Confermazione e nel 2021 anche la Prima Comunione.
Anche le attività di Pastorale per Giovani, Adolescenti e Preadolescenti sono continuate secondo le modalità ammesse: quando possibile in presenza, altrimenti attraverso incontri online.
La Pastorale Familiare ha continuato le proprie azioni. L’itinerario di fede in occasione del Matrimonio Cristiano è stato svolto in presenza nel 2020 con termine anticipato, presenti venti coppie; è stato svolto anche nel 2021 con incontri online, presenti nove coppie. Ci sono cinque coppie della Comunità Pastorale che seguono e animano questo itinerario.
Nella nostra comunità sono presenti e attivi da parecchi anni tre gruppi familiari comunitari suddivisi prevalentemente per fasce di età che hanno voglia di approfondire la Parola e confrontarsi sulle problematiche che la vita pone davanti a partire dalla coppia e dall’educazione dei figli.
Sono proseguite le attività varie all’Oratorio Frassati, sotto la guida del nuovo responsabile dell’oratorio, incluse le attività del Centro di Aggregazione Giovanile Frassati che è attivo nei pomeriggi da martedì a venerdì.
Sono proseguite in modalità online gli incontri di riflessione teologica rivolti a tutti.
Continuano le attività Caritas e San Vincenzo a servizio di chi ha più bisogno.
Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;
ma se le compio, anche se non volete credere a me,
credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate
che il Padre è in me e io nel Padre.
(Gv 10, 37-38)
5. Al centro del progetto: una chiesa viva, una chiesa in festa
Premessa
Il centro di questo Progetto Pastorale è espresso attraverso alcune mete prioritarie di seguito espresse. Le mete che sono state individuate hanno intrecci tra loro che dovranno essere curati così da favorire il senso di Chiesa come un unico corpo.
Ricordiamo anche le linee indicate nella lettera conclusiva della visita pastorale del nostro vescovo nel 2017:
• Cura della celebrazione eucaristica
• Cura della pastorale giovanile
• Comunità degli adulti come comunità educante
Richiamiamo anche l’attenzione al ruolo del Consiglio Pastorale e della Diaconia, i due principali attori nelle Comunità pastorali. Nell’ultima fine di settimana del febbraio 2021 si è svolta la sessione XVII del Consiglio pastorale diocesano sul tema “La Comunità pastorale e l’esercizio della responsabilità presbiterale al servizio della comunione ecclesiale nell’Arcidiocesi ambrosiana”, il cui resoconto è stato pubblicato sul supplemento di Avvenire “7 giorni in Diocesi” del 7/3/2021. L’Arcivescovo ha concluso la giornata di lavoro richiamando l’attenzione su quattro punti… [Il terzo:] “La stranezza di vedere che, dopo 15 anni, la diaconia risulti anche per molti addetti ai lavori un oggetto misterioso e di constatare come nella realtà pastorale il rapporto diaconia – Consiglio pastorale sia capovolto rispetto all’intento iniziale. La diaconia infatti indirizza l’azione pastorale, mentre il Consiglio pastorale rischia solo di ratificare”.
Prima meta del progetto: la trasmissione della fede ai bambini, ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovani; questo non si limita a un incarico dato a un sacerdote, a un responsabile laico dell'oratorio, a catechiste/i, agli educatori. E' compito dell'intera Comunità Cristiana che deve farsi educante.
Papa Francesco ha usato nuovamente il termine "catastrofe educativa", che non riguarda solo la fede: "smarrito il senso profondo delle relazioni, inceppata la trasmissione generazionale, diventate più incerte progettualità e prassi familiare, non riusciamo più neppure a comprendere perché e come educare", così ha scritto Luciano Moia sul supplemento di Avvenire "Noi famiglia e & vita" di domenica 28/2/2021. "Papa Comunità Pastorale S. Francesco Monza Pag. 6 di 11 Progetto Pastorale 2021-25 rev. 2 – 4/6/2021 Francesco"; continua Moia, "parla di un impegno a cui devono concorrere tutte le componenti della società". Ancora su Avvenire, sabato 6 marzo, a pag. 3, don Lello Ponticelli, sacerdote e psicologo, chiede una "riscossa, che non può avvenire in ordine sparso, ma ha bisogno di una vera e propria Alleanza educativa, soprattutto fra le persone adulte, qualunque sia il loro ruolo nella vita". "Nel nostro Paese ci sono enormi risorse di persone in gamba tra genitori, insegnanti, catechisti, assistenti sociali, psicologi, educatori, preti, allenatori, giovani volontari, donne e uomini di ogni età e ceto sociale che vive con altissimo senso del dovere la propria quotidianità... non dobbiamo più procedere in ordine sparso, ma tessendo reti relazionali e istituzionali... e come Chiesa, anche con qualche falla umilmente da riconoscere e riparare con l'aiuto dal basso e dall'Alto, prendiamo il largo...".
Per ripartire dopo il periodo di pandemia dobbiamo evitare di dare per scontato che i giovani abbiano già la maturità necessaria e gli strumenti per continuare autonomamente il loro cammino di fede; è opportuno accompagnarli aiutandoli nel caso a informarsi al fine di scegliere con consapevolezza le proposte a loro dedicate dalla pastorale decanale, cittadina o diocesana.
Offriamo S. Messe domenicali adatte ai ragazzi, specie quelle centrali della domenica nelle tre chiese?
La liturgia è “servizio da parte del popolo e a favore del popolo” (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1069). E’ compito della comunità cristiana “portare i bambini a una partecipazione attiva, consapevole e vera”… “si tenga conto in qualche modo della loro presenza, come rivolgendosi ad essi in modo particolare nelle monizioni (per esempio nella monizione iniziale e in quella finale) e in qualche parte dell’omelia”… “Può essere assai utile affidare in queste Messe ai fanciulli alcuni uffici o servizi: possono, per esempio, recare all’altare i doni ed eseguire questo o quel canto della Messa.” - La messa dei fanciulli, CEI 15 dicembre 1976.
come declinare questa meta a livello di progetto pastorale:
- Rilanciare in modo forte la centralità degli oratori nella formazione;
- Riscoprire che l’Oratorio non è solo catechesi ma occasione di incontri, di svago (nella Lettera da Roma del 1884 don Bosco ricordava “quando l'oratorio era occasione di incontro fra sacerdoti, seminaristi e ragazzi rispetto ai momenti dell'isolamento, quando ognuno camminava e si isolava...”);
- Creare occasioni ed eventi, un po' come è la Festa dell'Oratorio di settembre, per far vivere all’intera Comunità la realtà dell’oratorio;
- Valutare quali attività mantenere a livello parrocchiale, quali a livello di comunità pastorale, quali a livello cittadino o decanale;
- Il catechismo va pensato in un’ottica di scelta libera e partecipata (soprattutto da parte dei più grandi), che va sicuramente coltivata ampliando l’incontro con le famiglie e favorendo tempi ed orari del catechismo. La scelta del sabato per l’iniziazione cristiana e delle serate in settimana per preadolescenti e adolescenti va in questa direzione; anche in altri momenti lo spazio oratoriano va vissuto come una seconda casa per i nostri ragazzi, casa VIVA che accoglie;
- Creare nella Comunità pastorale una comunità educante che affianchi chi accoglie i nostri ragazzi nel cammino della loro fede passando anche attraverso il confronto con il Consiglio pastorale. Nessun servizio educativo può essere pensato in termini autoreferenziali, ma è necessaria una formazione alla collaborazione e alla corresponsabilità. Per questo occorre mettere in rete e far dialogare i diversi soggetti che hanno a cuore la crescita dei ragazzi (educatori, animatori, catechiste, allenatori, insegnanti, i genitori stessi), riconoscendo competenze e responsabilità differenti per ciascuna delle figure educative. In questa ottica sarà prezioso e importante quanto riguarderà il ministero del catechista e la scoperta di altri ministeri
Seconda meta del progetto: Al centro le famiglie
Motivazioni
Ognuno di noi è Figlio. Ognuno di noi appartiene ad una famiglia, quella di origine o quella in cui ci siamo formati.
Pensiamo ad un albero, le radici sono Gesù e la parola di Dio, presenti nella nostra vita e nella nostra chiesa. Per crescere e dare buoni frutti una pianta deve essere coltivata, curata. Per questo dovremmo prenderci cura delle nostre famiglie, comunque esse siano e rileggendo la Bibbia troviamo le famiglie più eterogenee: famiglie allargate o senza figli, famiglie formate da coppie di persone anziane, quelle ricche o quelle povere. Gli emigrati e le famiglie con fragilità (problematiche fisiche e/o psicologiche), famiglie che vivono la malattia o dei lutti importanti difficili da accettare, fino alla famiglia di Gesù (Maria incinta prima del matrimonio, costretti a lasciare la propria casa, perdono il proprio figlio…).
Inoltre in questo periodo pandemico i nostri figli (in particolare gli adolescenti) sono rimasti segnati dalla mancanza di vita sociale. Sono stati definiti “generazione off” perché il Covid ha aggravato le fragilità. In molti segnalano aumenti di stati di ansia e depressione. E in questo molte famiglie si sentono smarrite. Come comunità pastorale solo prendendoci veramente cura delle famiglie possiamo essere testimoni credibili dell’amore di Dio per gli uomini.
Come declinare questa meta a livello di progetto pastorale:
- costituire un equipe di progetto e condivisione aperta a tutte/i coloro che nella Comunità pastorale, a vario titolo, operano in questo contesto (gruppi famigliari, equipe fidanzati, equipe battesimi….) per proporre o riproporre iniziative che favoriscano l’apporto delle famiglie alla vita della Comunità cristiana passando anche attraverso il confronto con il Consiglio pastorale;
- creare una rete sociale e spirituale per tutte le famiglie che hanno desiderio di interrogarsi, mettersi in gioco, confrontarsi;
- nessun giudizio, solo accoglienza, ascolto e messa in pratica della parola di Dio. Come le comunità cristiane all’inizio;
- “Ricordarci che siamo esseri mortali destinati alla vita” (Fratel Enzo Biemmi) quindi far vedere il nostro amore ed entusiasmo e non nascondendo le difficoltà e le fragilità;
Terza meta del progetto: Vicino a chi ha più bisogno
Motivazioni
“Il kerygma (l’annuncio che Cristo è morto e risorto per noi) possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo vi sono la vita comunitaria e l’impegno con gli altri. Il contenuto del primo annuncio ha un’immediata ripercussione morale il cui centro è la carità (EG, 177)”.
“L’attenzione ai poveri è collocata nel cuore dell’evangelizzazione. Il metodo che il papa usa per destare l’attenzione ai poveri è la lettura della Parola di Dio ed è molto importante che l’attività caritativa della Chiesa Comunità Pastorale S. Francesco Monza Pag. 8 di 11 Progetto Pastorale 2021-25 rev. 2 – 4/6/2021 mantenga tutto il suo splendore e non si dissolva nella comune organizzazione assistenziale diventandone una semplice variante.
“Chi esercita la carità in nome della Chiesa sa che l’amore nella sua purezza e nella sua gratuità è la migliore testimonianza nel Dio nel quale crediamo e dal quale siamo spinti ad amare.
Secondo il modello offerto dalla parabola del buon Samaritano, la carità cristiana è dapprima semplicemente la risposta a ciò che, in una determinata situazione, costituisce la necessità immediata: gli affamati devono essere saziati, i nudi vestiti, i malati curati in vista della guarigione, i carcerati visitati, ecc. Le Organizzazioni caritative della Chiesa, a cominciare da quelle della Caritas (diocesana, nazionale, internazionale), devono fare il possibile, affinché siano disponibili i relativi mezzi e soprattutto gli uomini e le donne che assumano tali compiti (Deus caritas est, 31)”.
“Gesù, l’evangelizzatore per eccellenza e il Vangelo in persona, si identifica specialmente con i più piccoli (cfr Mt 25,40)… È indispensabile prestare attenzione per essere vicini a nuove forme di povertà e di fragilità in cui siamo chiamati a riconoscere Cristo sofferente…: i senza tetto, i piccoli, i poveri, gli ammalati, gli esclusi, gli anziani soli, i migranti, le donne e i bambini indifesi… (EG, 209-210)”
Siamo chiamati a essere una chiesa senza frontiere, capace di collegare e integrare i differenti per creare nuove sintesi culturali di inclusione e integrazione.
La Comunità pastorale e le parrocchie, attraverso le loro attività, incoraggiano e formano i fedeli perché siano agenti della evangelizzazione; sono luoghi accoglienti dove gli assetati vanno a bere per continuare a camminare, sono centri costanti di invio missionario, sono chiesa in uscita, con la porta aperta, con il passo rallentato per guardare negli occhi e ascoltare chi è rimasto ai bordi della strada, sono il luogo della speranza.
Come declinare questa meta a livello di progetto pastorale:
- Educare e far percepire ai fedeli e soprattutto ai giovani la stupenda ricchezza e la bellezza di appartenere alla Chiesa diffusa in ogni angolo della terra, che include culture, tradizioni, lingue e popoli diversi;
- Prendere coscienza che in tutta la chiesa si legge la stessa Parola di Dio, si celebra la stessa Liturgia Eucaristica e delle Ore, pur se in lingue diverse; ovunque nella Chiesa è casa tua e chi arriva da altri continenti deve sentirsi accolto come a casa sua. Le comunità di paesi evangelizzati di recente hanno un senso di appartenenza gioiosa e fraterna da cui possiamo imparare per liberare le nostre comunità da una certa pesantezza. La diversità può diventare una opportunità e una ricchezza, non è da temere;
- Richiamare il fondamento essenziale dell’amore fraterno e della carità operosa in tutti i percorsi formativi:
- In famiglia educare i figli anche piccoli al rispetto dell’altro, a non aver paura del diverso, alla generosità, a contenere la tendenza alla prepotenza, al bullismo e a coltivare sentimenti buoni verso tutti
- Nella catechesi a tutti i livelli rendere esplicita la nostra identità cristiana fondata sull’amore, sulla dignità di ogni persona quale figlio di Dio aldilà di ogni diversità
- Negli oratori, nella scuola e nello sport educare i ragazzi e i giovani alla sfida della carità operosa, al pensiero più umano, incoraggiare a stare dalla parte dei più deboli e indifesi
- Sensibilizzare alla gioia del dare, proporre gesti concreti di servizio, di carità creativa, di attenzione agli altri, gesti che manifestano chi siamo senza vergogna
- Per gli adulti, cura delle relazioni e disponibilità a collaborare con persone di altre culture e religione, liberi da pregiudizi
- costituire una equipe di progetto e condivisione aperta a tutte/i coloro che nella Comunità Pastorale, a vario titolo, operano in questo contesto (Caritas, Conferenza di S. Vincenzo, UNITALSI, Gruppo Baobab, Gruppo missionario,…)
- Creare alleanze educative anche con le reti sociali, come già il CAG Frassati fa da anni
- Continuare a offrire assistenza qualificata a chi cerca lavoro, grazie alle competenze già disponibili nella Comunità pastorale.
Quarta meta del progetto: Riflessione sull’essere chiesa, formazione, ricerca di nuovi percorsi
Motivazioni
Per quanto riguarda la Chiesa nell’Occidente secolarizzato e scristianizzato, la pandemia ha acuito una crisi che era già in atto da decenni e che spesso abbiamo fatto finta di non vedere. Se dopo questa pandemia non saremo in grado di progettare un nuovo modo di vivere la comunità e la chiesa locale, avremo perso una occasione fondamentale; come dice papa Francesco: “peggio di questa crisi, c’è solo il dramma di sprecarla”.
Ora, vi sono diverse possibilità dinanzi a una crisi: pensare che tutto sia perduto, credere che sia solo un incidente di percorso e che tutto tornerà come prima, oppure attraversare e vivere la crisi come opportunità di trasformazione. Che vita è questa che ora siamo chiamati a ricominciare? A quale trasformazione siamo chiamati? Come ne uscirà la Chiesa?
Non porsi questa domanda, continuando a far finta che semplicemente tutto tornerà come prima significa scegliere la via della difesa di uno status quo che per paura di cambiare preferisce chiudere gli occhi sulla realtà e continuare a perpetuare un credere non adeguato a questo tempo, col risultato di non affrontare la crisi che viviamo.
La domanda sul futuro della Chiesa, in generale e nel nostro territorio, non può essere elusa: quale è la sfida che abbiamo davanti in questo periodo di pandemia e nel prossimo futuro? L’attuale situazione storica può essere occasione di trasformazione per la Chiesa di domani e per la spiritualità cristiana del futuro? Purtroppo abbiamo spesso usato toni moralistici e negativi accusando la secolarizzazione delle nostre società, ma forse è giunto il momento di interrogarci sullo stile e sulla qualità della testimonianza del nostro cristianesimo, sulle forme storiche che si è dato, sull’immagine di Dio che continuiamo ad annunciare e sul tipo di Chiesa con cui abitiamo il mondo. In un mondo sempre più laico e con l’impatto psicologico, economico e politico che la pandemia sta iniziando ad avere e avrà sulle prossime generazioni, la Chiesa in quanto struttura diventerà sempre più piccola (cfr. J. Ratzinger e K. Rahner) e occorrerà concentrarsi sull’essenziale.
Dice Papa Francesco. “Veniamo da una pratica pastorale secolare, in cui la Chiesa era l’unico referente della cultura. E’ vero, è la nostra eredità. Come autentica maestra, essa ha sentito la responsabilità di delineare ed imporre, non solo le forme culturali, ma anche i valori e più profondamente di tracciare l’immaginario personale e collettivo, vale a dire le storie, i cardini a cui le persone si appoggiano per trovare i significati ultimi e le risposte alle loro domande vitali. Ma non siamo più in quell’epoca. E’ passata. Non siamo nella cristianità. Non più.”
Forse la pandemia, tra le altre cose, ha contribuito a mettere in crisi una concezione pastorale, liturgica e spirituale, fondata quasi esclusivamente sulla celebrazione della Santa Messa. La Messa, e spesso solo quella. A tutti i costi. Come se l’immensa ricchezza della tradizione spirituale della fede cristiana non comprendesse un ampio ventaglio di possibilità espressive. C’è un eccessivo sbilanciamento dell’azione pastorale che riduce l’essere Chiesa a una “fabbrica di messe” e la spiritualità cristiana al semplice e talvolta abitudinario “andare a Messa” ed al pensare che cristiani e credenti siano solo quelli che partecipano alle messe o rivestono un ruolo attivo nelle attività parrocchiali.
Si chiede il vescovo di Pinerolo, mons. Derio Olivero: “Chiediamoci: e ora, saremo migliori a messa? Dipende anche come noi, vescovi e preti, ce la giocheremo: se ci troveremo a celebrare come prima, se la nostra pastorale sarà di nuovo solo la messa e non avremo imparato che bisogna offrire lectio sulla Parola, momenti di riflessione comune e di confronto tra gli adulti, sostegno alla fede nelle case… allora ce la giocheremo malissimo e condurremo la gente alla fede devozionale, individuale, formale, astratta. E anche spesso triste.”
Come declinare questa meta a livello di progetto pastorale:
A fronte di una crisi della fede senza precedenti occorre riflettere sull’essenzialità di una nuova proposta pastorale, utilizzando, al fianco di alcune proposte già in atto e alla celebrazione della messa, forme diverse di comunicazione e aggregazione.
Non si tratta di un restauro di facciata o di un’altra moltiplicazione di strutture, ma di fare spazio a una nuova immaginazione ecclesiale e pastorale dove la trasmissione della fede può assumere forme di comunicazione diverse da quelle “tradizionali”.
L’equipe di questa meta ha il compito di proporne, favorendo incontri dal vivo o via computer; a titolo puramente indicativo ci si riferisce a incontri di approfondimento su alcune tematiche specifiche, come già fatto negli ultimi anni e anche ad attività che aiutino a riflettere su alcune tematiche importanti o momenti dell’anno particolari, utilizzando modalità espressive “artistiche” (teatro, musica, poesia, video…) che hanno il vantaggio di poter coinvolgere fasce eterogenee di persone, anche nella loro preparazione, produzione e messa in scena. Da valorizzare un maggior utilizzo “consapevole” e “fantasioso” dei social network.
6. Le attenzioni
Nel progetto pastorale non sono elencate azioni pratiche. Laddove previste, il Consiglio pastorale potrà nominare le equipe di progetto e condivisione, delle quali potranno far parte fedeli laici, ministri ordinati e religiose/i anche non facenti parte del Consiglio pastorale.
Ogni equipe dura in carica un anno, dal primo ottobre al 30 settembre dell’anno successivo; i partecipanti possono essere rinnovati nel loro incarico nell’anno successivo.
Al Consiglio pastorale della Comunità è affidato il compito di determinare gli obiettivi di particolare interesse a cui dedicare ogni massima attenzione, nel caso emergano aspetti ritenuti di particolare rilevanza che non sono inclusi in questo progetto.
Sempre al Consiglio pastorale è affidato il compito di aiutare tutti i ministeri attivi nella Comunità, ordinati, laicali e religiosi, a riconoscere gli effetti delle azioni compiute e a individuare ogni possibile strumento utile ad aiutare il raggiungimento degli obiettivi che questo progetto si propone.
Alcune attenzioni particolari:
- Favorire l’istituzione dei ministri straordinari dell’Eucaristia
- Favorire una giornata annuale di Festa della Comunità pastorale nella domenica prossima alla Festa di san Francesco, il 4 ottobre di ogni anno